mercoledì 13 maggio 2009

Addio Adriano: l’Imperatore torna in favela

In Brasile dicono "Deus nao deu asa ao cobra", "Dio non ha dato le ali al cobra". Adriano resta in Brasile, senza ali, avvelenato dal morso della saudade e non solo. In ciabatte per ora, mentre il suo procuratore Gilmar Rinaldi tornava a Milano per stracciare il contratto con l'Inter.

E' finita, davvero. Ha vinto lo stress, la favela, mamma Rosilda, le feste, qualche birretta in piu', e fa niente se al tavolino stai con i narcos. Ha vinto l'animo carioca che proprio nonc'entra niente con la Milano che "lavura" e basta. Per quella servono i paulisti, brasiliani robot come Kaka'.

Romario, Edmundo, lo stesso Ronaldo, tutti figli della stessa citta': Rio deJaneiro. Lavoro, si', ma mai come priorita'. E piu' sono poveri e piu' morbosamente s'attaccano alla loro citta'. La piu' bella del mondo senza cliche'. Perche' almeno li' hanno il sole, il mare, le feste di strada e la birra a 1 real (0,33 cent di euro). Anche se Vila Cruzeiro e' una bidonville. Se vivessero in un'altra citta', poveri come sono, dovrebbero solo lavorare. Niente scampo, niente svaghi.

Li', nel suo ghetto, c'e' un bar che si chiama "O Cantinho do Adriano", l'angoletto di Adriano, con tanto di murales celebrativo: "Dalla favela al mondo". Andata e, stavolta, ritorno.

Picci & Kappa
24-04-09

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