venerdì 11 dicembre 2009

Ciao Maldini

Il 20 gennaio 1985 era ad Udine, faceva freddo e le strisce rossonere erano sottili e strette, rattrappite su una maglia di quelle che al terzo lavaggio erano già infeltrite. Paolo Maldini aveva 16 anni, i capelli corti e la catenina al collo, che i regolamenti non avevano ancora bandito come arma contundente.

Il 31 maggio 2009 a Firenze non si sa che caldo farà, perché le mezze stagioni si sono estinte con Calciopoli. Il capitano del Milan ha 41 anni e 24 stagioni intere nelle ginocchia cigolanti, ha la maglia numero 3 tessuta in ClimaCool, FlowMapping e ForMotion, ma suda lo stesso come quando esordiva adolescente. Ha i capelli lunghi, tenuti vezzosamente in ordine con una fascetta, e in tribuna due figli, Christian e Daniel, e un padre, Cesare, che allungano la dinastia con una linea retta nel tempo.



Ventiquattro anni e 902 partite in rossonero (1.041 con le Nazionali) ci sono, tra Udine e Firenze. Un quarto di secolo. "Se da bambino mi fossi scritto una storia, la storia piu' bella che mi potessi immaginare, l'avrei scritta come effettivamente mi sta accadendo", e probabilmente non l'avrebbe scritta sul suo sito web, perché quando lui era già campione internet era roba della Nasa, in ritiro si giocava a scopone e se stavi fuori chiamavi casa coi gettoni. Il pallone girava lo stesso pure se era ancora di cuoio cucito a mano, e all'addio a San Siro dopo un quarto di secolo rossonero nessuno si sarebbe mai sognato di rovinargli la festa con uno striscione: "Hai mancato di rispetto a chi ti ha arricchito".

"Orgoglioso di non essere uno di loro", ha risposto Maldini, con l'orgoglio scolpito nella roccia, una statua di morigerata eleganza. E poi ha pizzicato la societa' troppo silenziosa ("Sono deluso, non mi hanno difeso"), con Galliani costretto a difendersi in prima persona: "Era meglio tacere, io ho la scorta per i tifosi".

Un quarto di secolo fa comincia tutto così: il 20 gennaio 1985, nell'intervallo, Liedholm decide di togliere Battistini. "Vuoi giocare a destra o a sinistra?". Paolino risponde con gli occhi sgranati: "Decida lei". "Vai e divertiti", scelse Liedholm. Maldini giocò a destra, prima di diventare il terzino sinistro più forte del mondo. Titolare fisso per undici allenatori: Capello, Ancelotti, Sacchi, Zaccheroni, Liedholm, Cesare Maldini, Vicini, Tabarez, Zoff, Trapattoni, Terim. Ha giocato 53 derby, ha vinto 7 scudetti, 5 tra Coppe dei Campioni e Champions, due coppe Intercontinentali, un Mondiale per club, una Coppa Italia, 5 Supercoppe italiane e 5 Supercoppe europee e alla fine persino i tifosi dell'Inter l'hanno salutato. Perchè i simboli funzionano così, meritano un rispetto senza colori. E lui quello striscione 'nemico' se lo tiene caro assieme a pochi altri momenti: "Il provino a Linate, l'esordio, la finale di Coppa dei Campioni col Barcellona, e l'ultimo derby, lo striscione della Curva interista che mi rendeva onore come avversario. Un bel gesto controcorrente da parte dei tifosi, in un paese che in quanto a educazione sportiva non è messo bene".

Ora che Maldini non gioca più, è messo pure peggio.

30/05/09 - Picci

mercoledì 2 dicembre 2009

Fratelli di un calcio minore

Quello che state per leggere è quanto accaduto l’ultima volta che sono stato col Nero all’ “Ugo Gobbato” (1) per sostenere il MagicoPomi (2). Ovviamente i dialoghi si sono svolti in napoletano, ma, essendo questo blog rivolto a un pubblico internazionale, troverete la traduzione in italiano.

Era una piacevole domenica autunnale e i granata ospitavano il Fasano. Dopo neanche mezz’ora di gioco i pugliesi stavano vincendo per 2 a 0 e questo generava un certo malumore sugli spalti. In particolare avevano richiamato la nostra attenzione le urla che Don Peppe, un uomo sulla cinquantina, rivolgeva all’ala destra locale, colpevole di essere troppo vicino alla tribuna per motivi puramente tattici.

Don Peppe consigliava a gran voce al ragazzo di abbandonare il calcio in quanto aveva intravisto in lui le qualità del grande calzolaio (3), quando fu interrotto da un uomo dalla camicia improbabile e i capelli rossi che, spacciandosi per suo nipote, lo invitava a dare un taglio alle critiche (4).

Il maturo spettatore, forse indispettito dalla speranza disattesa di abbracciare il nipote, rispose al rosso di non interessarsi della vita privata altrui (5) e diede inizio ad un’animata discussione che, un po’ alla volta, aveva messo in secondo piano lo svolgere della partita fino a quando, utilizzando una lapidaria espressione napoletana, ‘on Peppe chiese alla piccola folla che lo tratteneva chi fosse costui che si presentava dinanzi a lui con fare spavaldo (6).

In effetti, chi era quest’uomo dalla camicia improbabile che stava rischiando la vita per difendere un’ala destra che, oltre tutto, stava giocando maluccio? La risposta contiene tutta la magia dei campi polverosi di provincia: l’uomo dalla camicia improbabile era il fratello dell’ala destra.

La notizia tramutò una rissa da stadio in un dibattito etico e morale sui diritti dei parenti dei calciatori. Mentre Geruzz, Nicola e Totore Buttiglione esprimevano il loro parere e mentre noi trovavamo conferma della parentela nell’evidente somiglianza tra il numero sette e la camicia improbabile, ‘on Peppe chiuse la discussione appellandosi ai suoi sacrosanti diritti di consumatore e sportivo: “Uagliò… je agg pavat o’ bigliett… e dico chell che voglio je…”

Per la cronaca, il MagicoPomi ribaltò il risultato. Vincemmo 3 a 2.
(1) Stadio Comunale di Pomigliano D’Arco (NA)
(2) Pomigliano Calcio 1920, attualmente militante nel girone H di Serie D.
(3) “Scarpàààààààà”
(4) “O’zì mò a vulit fernì nu poc e ce facit verè a partit ‘ngrazia e’ Dio?”
(5) “Ma tu pecchè nun te fai e’ cazz tuoje?”
(6) “Né ma chist chi cazz è?”

martedì 19 maggio 2009

Lo Scudetto da divano

Volevo ringraziare la lega calcio per il decennale lavoro di sterilizzazione di questo sport. Sono passati 16 anni dal giorno del primo posticipo su Telepiù, ma quest’anno il Pres. Matarrese è riuscito in un’impresa che ai suoi predecessori era sempre sfuggita: lo scudetto da divano.

Infatti grazie al colpo di genio di qualche giovane dirigente rampante (Galliani in realtà ha 28 anni portati malissimo), noi interisti ci siamo ritrovati a celebrare lo scudetto davanti a una partita del Milan. Paradosso e caso (per ora) unico della storia del calcio.

Vero, se il Milan avesse battuto l’Udinese il rituale sarebbe stato lo stesso: tutti a San Siro a spingere i nostri 11 eroi per gli ultimi 90 minuti. Ma dite la verità: se la situazione fosse stata capovolta, voi che avreste fatto? Io avrei preferito perdere 5 a 0 in casa con la Sambnedettese pur di rovinare un po’ la festa del Milan. Non escludo che l’abbiano fatto anche loro.

Vediamo nel dettaglio le categorie impattate i principali effetti registrati:

Tifosi di terza categoria:
seguono l’Inter come si segue la Nazionale, solo nelle grandi occasioni. Avrebbero festeggiato con gli amici, una pizza e una birra davanti alla tv ma hanno dovuto anticipare la festa e sostituire un match scudetto con "Angeli & Demoni".
Effetto: calo delle vendite per le pizzerie.

Tifosi di seconda categoria:
seguono l’Inter da quando avevano 8 anni e recitano a memoria la formazione dell’Inter di Trapattoni (1). Avrebbero festeggiato con gli amici, una pizza e una birra davanti alla tv ma si sono ritrovati con un occhio a gufare il Milan e con l’altro a guardare i gol di Ibrahimovic su youtube in un clima surreale.
Effetto: aumento dello strabismo.

Tifosi di prima categoria: seguono l’Inter da quando avevano 8 anni, recitano a memoria la formazione dell’Inter di Trapattoni (1) e erano abbonati alla Nord anche quando a centrocampo avevamo le SS (2). Avevano dormito fuori le biglietterie pur di essere a San Siro il giorno dello scudetto, ma si sono visti tramutare il prezioso biglietto in carta straccia.
Effetto: crisi economica.

Calciatori dell’Inter: dopo aver sudato sul campo per 35 domeniche hanno festeggiato la vittoria dello Scudetto sul divano della Pinetina come se avessero vinto un torneo di Playstation. Inoltre dopo aver calpestato l’erba del Santiago Bernabeu, di Highbury e di San Siro, per non deludere i tifosi che li avevano raggiunti in ritiro, si sono ritrovati a correre e esultare nientedimeno che nel prato di Appiano Gentile (provincia di Bergamo) come se avessero appena vinto il Girone C del campionato Interregionale.
Effetto: dilettanti alla Playstation.

Con un po’ di nostalgia, da PKSport è tutto, a te la linea Ameri.


(1) ZengaBergomiBrehemeBertiFerriMandorliniBianchiMatteoliDiazMatthausSerena
(2) Seno+Shalimov

mercoledì 13 maggio 2009

La nona medaglia d’oro di Phelps (o Piccola lezione di giornalismo)

Una "breve" da La Repubblica:

Altri guai per Michael Phelps, dopo il caso della cannabis e alla vigilia del ritorno in piscina. Una ballerina lo accusa di aver fatto sesso con lei e una sua amica: "Per 180 minuti, che maratoneta".
In alto: la ballerina che accusa Phelps

Guai? Accusa?
Quest'uomo, oltre ad essere probabilmente il più forte nuotatore di tutti i tempi, è anche in grado di ciularsi due ballerine in contemporanea per 180 minuti... un'andata e ritorno di Champions (mo' ce vo') a letto.... e beccarsi i complimenti ("maratoneta")!
GUAI? ACCUSA?

Ma chi l'ha scritta quella "breve"?

Maestro, insegnaci....

Picci 13-05-09



Addio Adriano: l’Imperatore torna in favela

In Brasile dicono "Deus nao deu asa ao cobra", "Dio non ha dato le ali al cobra". Adriano resta in Brasile, senza ali, avvelenato dal morso della saudade e non solo. In ciabatte per ora, mentre il suo procuratore Gilmar Rinaldi tornava a Milano per stracciare il contratto con l'Inter.

E' finita, davvero. Ha vinto lo stress, la favela, mamma Rosilda, le feste, qualche birretta in piu', e fa niente se al tavolino stai con i narcos. Ha vinto l'animo carioca che proprio nonc'entra niente con la Milano che "lavura" e basta. Per quella servono i paulisti, brasiliani robot come Kaka'.

Romario, Edmundo, lo stesso Ronaldo, tutti figli della stessa citta': Rio deJaneiro. Lavoro, si', ma mai come priorita'. E piu' sono poveri e piu' morbosamente s'attaccano alla loro citta'. La piu' bella del mondo senza cliche'. Perche' almeno li' hanno il sole, il mare, le feste di strada e la birra a 1 real (0,33 cent di euro). Anche se Vila Cruzeiro e' una bidonville. Se vivessero in un'altra citta', poveri come sono, dovrebbero solo lavorare. Niente scampo, niente svaghi.

Li', nel suo ghetto, c'e' un bar che si chiama "O Cantinho do Adriano", l'angoletto di Adriano, con tanto di murales celebrativo: "Dalla favela al mondo". Andata e, stavolta, ritorno.

Picci & Kappa
24-04-09

sabato 9 maggio 2009

Napoli vs Sporting Lisbona

Sembrava solo una solare giornata di inizio autunno del 1989. Io avevo appena tolto il grembiule ed ero seduto a tavola con papà, mamma, Saverio, nonna e zio Salvatore. Non ricordo esattamente cosa ci fosse nel piatto quando mio zio mi disse: “Antò, vuò venì o’stadio oggi?”

Nel 1989 avevo 10 anni ed ero all’apice della mia carriera di PEC (1). Il calcio rappresentava una delle massime priorità della vita e sarebbero passati ancora alcuni anni prima che la gnocca avesse compiuto lo storico sorpasso.

Appuntamento impedibile per i PEC erano i magici mercoledì di coppa: maratone televisive in cui potevi assistere a partite con squadre dai nomi esotici e scoprire nuovi talenti del calcio mondiale. Di solito si iniziava dopo pranzo con un Vitosha Sofia vs Milan, per poi passare il pomeriggio facendo i compiti davanti a Roma vs Partizan Belgrado, fare merenda con pane, pomodoro e Malmoe vs Inter, cenare davanti alla diretta di Juventus vs Athletic Bilbao e crollare esausti durante la differita di IFK Norrkoping vs Sampdoria.

Tuttavia, nonostante il mio tesserino di PEC, ancora non ero mai stato allo stadio e il San Paolo rappresentava per me una sorta di monumento sulla strada verso l’Edenlandia (2). Ogni volta che ci passavamo con la macchina e mia madre me lo indicava, io poggiavo le mani sul vetro del finestrino e sognavo sforbiciate e contropiedi in quel tempio vuoto ma, non so perché, non pensavo mai che un giorno ci sarei potuto entrare per davvero.

Quel giorno fu mercoledì 27 Settembre 1989. Il Napoli affrontava lo Sporting di Lisbona per la Coppa UEFA. Ricordo che la prima cosa che mi colpì fu il verde brillante del prato, e poi lo spettacolo. Il calcio è l’unico spettacolo in cui lo spettatore esce di casa senza sapere se assisterà a un dramma o a una commedia e il dubbio può durare fino all’ultimo minuto, proprio come accadde quel giorno. La partita terminò con lo stesso risultato dell’andata: 0 a 0. Si andava ai tempi supplementari e, se da un lato mi dispiaceva di non riuscire a vedere l’esplosione del gol, dall’altro ero contento che quello spettacolo durasse il più possibile. Ai calci di rigore compresi che non ero l’unico al mondo ad avere bizzarri riti scaramantici e, quando Careca si avvicinò al dischetto e si alzò il coro: “Carè Carè Carè… tira la bomba tira la bomba…”, capii che in quel luogo ci sarei sicuramente tornato.

E ci tornai. Da allora sono stato tante volte a una partita di calcio in tante città diverse: Napoli, Roma, Milano, Piacenza, Copenaghen, Tallin, Rio de Janeiro… ma andare per la prima volta allo stadio e vedere Maradona fu come andare per la prima volta all’opera e ascoltare Mozart.


Mi innamorai del calcio come mi sarei poi innamorato delle donne: improvvisamente, inesplicabilmente, acriticamente. (3)

(1) Piccola Enciclopedia Calcistica.
(2) Lo stadio San Paolo si trova nelle vicinanze dell’ Edenlandia, il luna park di Napoli.

(3) Tratto da “Febbre a 90°” di N. Hornby


Introduzione

Questo blog nasce come un appendice, un inserto sportivo, una costola del PKK che, al contrario di quanto state pensando, non è il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, ma un blog.

I motivi per cui questo il suddetto blog esista e si chiami come il Partito dei Lavoratori del Kurdistan li trovate la: http://picappacappa.blogspot.com

I post che parleranno del lato più o meno romantico dello sport, li trovate qua.